In ricordo di Mara Baronti, il mio intervento durante il Consiglio Regionale del 23 settembre

Gentile Presidente, colleghe e colleghi consiglieri,

dopo una lunga malattia ci ha lasciato Mara Baronti. La ricordiamo qui, oggi, con grande emozione e affetto perché è stata, da presidente della Commissione per le pari opportunità, una donna protagonista di questa istituzione. Mi riferisco al contributo dato all’elaborazione del nuovo statuto della Regione, e alle tante iniziative che la Commissione per le pari opportunità ha assunto durante la sua presidenza, dal 1996 al 2005, interpretando e ricostruendo con originalità e grande qualità la linea di scorrimento tra istituzioni e movimento delle donne. Penso che faremo bene di qui a poco a tornare sulla sua esperienza, in occasione del nostro appuntamento annuale del Premio Pieroni Bortolotti dedicandole una sessione della giornata.

Eppure, Mara Baronti è stata ed è nel nostro ricordo molto di più di questo.

Non posso ricostruire qui il pensiero, la determinazione e la dolcezza di questa donna, amica e compagna mia e di tante donne e uomini che anche qui sono presenti. Me lo impedisce il fatto che troppo vicino e vivo è il ricordo del suo sorriso, accogliente, avvolgente, che sapeva concederci anche nei momenti più difficili e dolorosi della sua esistenza. Ho visto Mara l’ultima volta a giugno, e mi ha stupito ancora una volta per la sua inesauribile dolcezza e il coraggio e la determinazione con cui affrontava la vita nonostante le avversità. Continuò fino all’ultimo il suo impegno civile e sociale quando scrisse una lettera al Presidente Rossi per salvare la Breda.

Perché con lei le cose andavano sempre così: il rigore dell’argomentazione, e anche la severità del giudizio, non si trasformavano mai in senso di superiorità intellettuale (che pure, a ragione, poteva reclamare), ma si confondevano in una dimensione umana straordinaria, lasciando spazio agli affetti, all’amicizia, alla comprensione.

Ecco perché, quando il ricordo va alla vita vissuta nella passione politica e civile, e cerchiamo di richiamare le idee sostenute, e diciamo dell’impegno di Mara per i diritti e la libertà delle donne, per l’autodeterminazione, contro le nuove schiavitù e contro la violenza sul corpo delle donne, per il valore dell’intercultura, per la rappresentanza di genere nelle istituzioni, ogni volta mettiamo insieme parole e concetti forti e capacità di relazione, l’essere partigiana delle donne e l’essere donna, la politica e la vita. Così è stata, per me, Mara ogni volta – e sono state tante le volte – che le nostre vite, le nostre esperienze, si sono incontrate.

Dovunque è stata ha lasciato un segno della sua presenza. Lo sanno bene le donne del Giardino dei Ciliegi, l’associazione di cui è stata fondatrice e fino all’ultimo presidente, un luogo in cui ha lavorato per contribuire a cambiare una pratica politica, le relazioni umane dove si sono costruite intrecci tra donne, associazioni, istituzioni e tra culture, scritture ed espressioni artistiche fino a progetti sociali come le adozioni. Ma anche l’intercultura, la pace, sulla qualità del vivere urbano, sui testi femminili di culture differenti.  Un po’ la storia del Giardino è la storia di Mara, e lì dentro c’è una casa delle idee che è la casa di Mara, eppure non l’unica. Perché Mara ha vissuto fino in fondo il legame familiare, il senso di appartenenza con la storia dei suoi cari, il padre, venuto a mancare recentemente, la madre il fratello, il suo compagno Claudio, gli amici e le amiche, i compagni e le compagne di partito. Politica e vita, sfera pubblica e sfera privata, “senza ossessive forzose e fittizie separazioni”, come diceva Mara delle intuizioni di Rosa Luxemburg.

L’omaggio che oggi le rivolgiamo con questo breve ricordo è il riconoscimento di queste feconde intuizioni, che fanno di Mara certamente una donna delle istituzioni ma anche dei movimenti, una donna che nelle istituzioni ha saputo portare il senso profondo della sua vita. Di questo, credo, dobbiamo esserle grati.

Risuonano nella mente le parole di una lettera di Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht, che Mara aveva voluto riprendere in un suo scritto: “Così è la vita e così bisogna prenderla, coraggiosamente, intrepidamente e sorridendo, nonostante tutto”.

Sempre Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht: “E’ la vita che è così…Bisogna saperla prendere nel suo insieme, senza togliervi niente, e trovare un senso e una bellezza in tutto ciò che offre. Almeno è quello che io faccio…non vorrei cancellare nulla della vita e non desidererei che nulla di ciò che vi è stato fosse cambiato”.

Queste parole dedico a Mara con profonda gratitudine.

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