L’ACCORDINO CONTRO LA COSTITUZIONE

E alla fine è arrivato l’accordino. Così almeno sembra dalle cronache della direzione del PD. Baci e abbracci, promesse di ministeri, e via esultando. Pericolo scampato, il posto è salvo, la repubblica andrà dove vuole.

Si sciolgono come neve al sole le durissime parole di questi mesi che la cosiddetta sinistra del PD aveva pronunciato contro la riforma renziana, ovviamente dopo averla approvata per l’ennesima volta.

Succede infatti che questi “costituenti”, dimentichi di essere seduti in un Parlamento eletto con una legge illegittima ed espressione di una minoranza nel Paese, si siano accordati – con reciproca soddisfazione – sulla designazione popolare dei consiglieri regionali-senatori e su un Senato privo di ogni potere sulle leggi che riguardano le principali garanzie costituzionali.

Il Senato resta il dopolavoro della riforma Renzi, la Camera resta saldamente nelle mani del Governo e potrà imporre, grazie all’Italicum e a questa orribile riforma costituzionale, non solo l’attuazione del suo programma, ma anche le scelte che riguardano i diritti fondamentali di tutti: le leggi sulla inviolabilità della libertà personale e sulla libertà di circolazione, le leggi penali e quelle che limitano la libertà di associazione o il diritto di libertà religiosa, le leggi sulla manifestazione del pensiero e sulla libertà di stampa, le leggi sulle misure di sicurezza, le leggi sul trattamento sanitario obbligatorio, le leggi che limitano il diritto di sciopero e il diritto di voto, le leggi che limitano il diritto di iscriversi a partiti politici, le leggi sul funzionamento della Corte costituzionale. Questo potrà decidere una Camera “posseduta” da un partito – qualsiasi esso sia – votato da una minoranza di elettori e composta in larga parte di nominati, senza il fastidio di un Senato delle garanzie. Perfino (Dio ce ne scampi e liberi) la dichiarazione dello stato di guerra potrà essere decisa da un partito solo!

Quello stesso partito-minoranza potrà eleggersi il suo Presidente della repubblica, i suoi giudici costituzionali, quelli del Consiglio superiore della magistratura e tutte le Autorità. Un Senato eletto con la furbata delle designazioni – ma saldamente ancorato a Regioni ridotte a enti inutili e esse stesse in mano al Governo – nulla potrà nemmeno sulle riforme costituzionali che formalmente ancora potrà votare. La riprova è proprio il modo con il quale viene votata questa riforma, saldamente nelle mani del ricatto del Premier (o così o elezioni!). Diciamo la verità: nulla di tutto ciò era mai successo nella storia repubblicana, con buona pace del senatore Napolitano.

Questo e non altro è il tema di questi giorni. Anche per chi, come me, preferiva un Senato delle Regioni del tipo di quello tedesco, e deputati eletti tutti e senza eccezioni, e un Governo eletto dalla Camera, stabile quanto si vuole ma senza poteri illimitati. Se oggi dico Senato elettivo e di garanzia, e soppressione di tutte le norme che fanno della Camera il bivacco del Governo, è perché queste sono le ultime barriere alla trasformazione della democrazia repubblicana in un nuovo regime autoritario. Non bastano sorrisi, selfie e sfottò per convincermi del contrario, e neppure l’odioso richiamo al fatto che “di democrazia non si vive”, tanto per dire che bisogna mangiare tutte le minestre, anche quando sono velenose.

Non prendeteci in giro: non è il superamento del bicameralismo perfetto l’obiettivo del Governo, è la mortificazione della forma di governo parlamentare, e del Senato e della Camera insieme. A Renzi gli serve – a essere buoni – per fare altri Jobs Act, altre “Buone scuole”, altri Sblocca Italia. E a chi dopo di lui verrà?

Perciò, c’è una sola scelta da fare: dire di NO, oggi in Parlamento e domani nel referendum costituzionale. Altro non è consentito. Gli accordini mettono l’anima in pace solo a chi cerca un po’ di potere per sé. A tutti gli altri no.

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