Sono nata il 12 agosto 1958. Difficile festeggiare il compleanno con gli amici se sei nata nel bel mezzo del solleone.

Mio padre Danilo, operario e sindacalista, e mia madre Umberta, operaia e poi casalinga, mi hanno fatto crescere in un ambiente animato da valori di solidarietà, uguaglianza, rispetto delle opinioni altrui.

La politica è arrivata presto, sui banchi del Duca D’Aosta, dove mi sono diplomata nel 1977: le prime battaglie studentesche e femministe, le amicizie importanti, un ambiente ricco di stimoli in un periodo in cui era facile sentirsi coinvolti e partecipi. La politica non è più tornata come l’ho vissuta allora, ma grazie a quegli indimenticabili anni conservo della politica un valore positivo. Nonostante le deviazioni, i personalismi e il populismo del tempo presente.

Capitava allora a tanti giovani, ed è capitato anche a me, che la vita quotidiana, le amicizie e gli affetti fossero attraversati dai luoghi della politica. È così che, in quel 17 febbraio 1980, Firenze, manifestazione nazionale del PCI per la pace, Berlinguer e tanta gente comune, ho stretto con il mio compagno un patto che dura finora. Insieme abbiamo costruito le nostre giovani vite, aiutandoci sempre l’un l’altra, e le abbiamo proiettate fino al tempo attuale della maturità, con sentimenti che non sono mai venuti meno.

Il lavoro non mancava, quando ero ragazza, e anche quello precario, a cui accedevo come tanti miei coetanei, non mi faceva perdere una forte speranza di futuro. In quei tempi, il futuro c’era ancora, e c’era la fiducia di riuscire a trascorre una vita interessante e migliore di quella dei propri genitori.

Nel 1985 sono stata eletta nell’allora consiglio di quartiere 11 di Firenze, diventandone vice presidente. In quegli stessi anni ho ricoperto anche compiti di direzione politica del PCI come segretaria del quartiere dell’Isolotto; piccola soddisfazione: per un po’ di tempo il gruppo dirigente di quel quartiere fu fatto integralmente di donne.

Nel 1990 sono stata eletta per la prima volta in consiglio comunale di Firenze, arrivando penultima della lista del PCI. Al tempo il PCI era all’opposizione, e ho interpretato questo ruolo decidendo di farmi carico dei problemi dell’infanzia e degli asili nido. È da questa esperienza, condotta nel più intenso rapporto con le educatrici e con le famiglie, che è nata la legge di iniziativa popolare “L’asilo nido: un diritto delle bambine e dei bambini”, di cui sono stata animatrice insieme ad un gruppo di donne straordinarie. Le legge di iniziativa popolare raccolse 30.000 firme solo a Firenze e 156.000 a livello nazionale. Conservo ancora la foto di quando portammo all’allora presidente della Camera Giorgio Napolitano i pacchi con le firme raccolte. Ho conosciuto così tante storie e stretto un legame forte, mai perso negli anni, con tutti quelli che – singole persone, sindacati, associazioni – nell’istruzione vedono un motore fondamentale di progresso, emancipazione umana, uguaglianza sociale. Alle soglie dell’età adulta i problemi dell’infanzia e dell’istruzione sono entrati nella mia storia politica, e non ne sono più usciti.

In quegli stessi anni ho vissuto con grande intensità il cambiamento del PCI, schierandomi in favore della svolta che portò alla nascita del Partito Democratico della Sinistra. Per me fu una scelta naturale, che aiutava il rinnovamento dei partiti di sinistra e dava spazio alle idee più moderne che si facevano strada da tempo nell’esperienza di tanti iscritti ed elettori.

Nel 1994, per un breve periodo di tempo, sono stata assistente parlamentare di Sandra Bonsanti, della cui campagna elettorale ero stata coordinatrice. Sono contenta di aver fatto anche questa esperienza, Sandra Bonsanti è una donna straordinaria, peccato abbia rinunciato nel 1996 a proseguire quell’impegno.

Nel 1995, in occasione dell’elezione di Mario Primicerio  a sindaco di Firenze, sono stata nuovamente eletta in consiglio comunale. Era la prima elezione con la preferenza unica, e arrivai prima degli eletti del PDS.  Anche per questo, probabilmente, fui eletta presidente del consiglio comunale di Firenze, la prima volta di una donna. Ho interpretato quel ruolo con convinzione e mettendoci tutto l’impegno possibile. Forse anche per questo ricordo quel periodo come un momento particolarmente proficuo, che vide – tra le altre cose – l’approvazione del nuovo statuto comunale, dei regolamenti su referendum, difensore civico, consigli di quartiere, istituzione del consiglio degli stranieri, l’istituzione dell’albo delle coppie di fatto. Mai però ho smesso di interessarmi dei problemi dell’infanzia, cosicché la nomina ad assessore alla pubblica istruzione da parte del sindaco Leonardo Domenici (1999) giunse per me come la sanzione e il riconoscimento di un impegno rimasto sempre vivo.

Dal 1999 al 2009 sono stata assessore alla pubblica istruzione con delega anche alle politiche giovanili, ai servizi sociali per i minori, ai tempi e spazi della città, alle pari opportunità, alla formazione professionale e all’educazione degli adulti. Non dico nulla, su questo sito si trova il riassunto di ciò che, con tante persone, credo di aver fatto per la mia città.

Nel 2004 ho nuovamente partecipato alle elezioni per il consiglio comunale, eletta con quasi 2000 voti (arrivai seconda della lista dei Democratici di Sinistra). Lo ricordo perché fu un bel successo di consensi, un riconoscimento, credo, degli importanti risultati conseguiti. Ma lo ricordo anche perché in quella occasione mi presentai alle elezioni non per mia scelta ma per richiesta pressante del partito (e del sindaco). Fino all’ultimo cercai di evitare quell’impegno, sia perché cadeva in un momento per me difficile (per motivi di salute), sia perché – consapevole della mia esposizione pubblica - non volevo con la mia candidatura ostacolare l’elezione di altre donne in consiglio. Non ci fu nulla da fare, e dovetti mio malgrado accettare di partecipare alla competizione. Il partito versava in grandi difficoltà finanziarie, i candidati dovevano fare tutto da sé. Decisi di fare una campagna elettorale puntando sui risultati dell’amministrazione oltre che miei personali, con il solo aiuto di un piccolo gruppo di amiche e di amici. Non ero preparata, dovetti fare in fretta, inviai perciò alle donne di Firenze un piccolo dépliant sulle cose fatte nei primi 5 anni di amministrazione. Quella campagna elettorale mi costò anche molto, tutto pagato di persona, nessun aiuto esterno, il mio piccolo conto in banca azzerato. Non c’è male, per una cosa che non volevo fare.

Nel 2007 nacque il Partito Democratico. Ci fu un congresso, ci furono le primarie con Veltroni. Da allora – fino al 2014 – il PD è stato il mio partito, e ho tenuto al suo successo perché credo che l’Italia abbia bisogno di una grande forza portatrice di valori di partecipazione e di uguaglianza. E ci credo ancora, oggi che – avendo preso atto di come il PD si sia allontanato da quei valori – dedico il mio impegno alla costruzione di un nuovo soggetto politico della sinistra. Ho vissuto il PD con spirito laico, discutendo, prendendo parte, gioiendo e soffrendo, ma so che la politica non finisce in un partito. Nel PD ho cercato di portare le mie convinzioni. Fino a quando, il 14 marzo 2015, ho fatto una scelta diversa, rinunciando a ricandidarmi in Consiglio regionale per le elezioni del 31 maggio 2015. Poco tempo dopo, il 29 aprile, ho lasciato il PD.

Nel 2009 ho partecipato alle primarie per la candidatura a sindaco di Firenze, e le ho perse. Storia conosciuta, che non vale la pena di ripercorre, anche se ritorna periodicamente nelle parole del vincitore, quello che aveva i calzoni corti quando io cominciavo a fare politica, come vanto di un successo di cui nessuno vede più le ombre. Che invece ci furono. Eppure, se tornassi indietro, rifarei tutto come allora, la voglia di sfidare la sorte, l’orgoglio di essere una donna che sa metterci la faccia, i NO alle offerte interessate di togliermi dal campo di gioco, l’onestà degli amici, le risorse scarsissime raccolte tra persone perbene e debiti in banca, la persone che si sono spese per un progetto che sentivano anche loro o quelle che semplicemente mi hanno incoraggiato con un sorriso, insomma un’esperienza eccezionale. Non so se in futuro la ripeterei, non certo nelle condizioni di allora, non certo nel PD.

Nel 2009, al primo congresso del PD dopo la sua fondazione, ho sostenuto la candidatura di Ignazio Marino, nella quale riconoscevo un progetto molto simile alle cose per le quali mi sono da sempre battuta. Anche questa esperienza mi ha lasciato molte cose buone, che cerco di portare sempre con me nel mio modo di fare politica. Anche quando, come è poi avvenuto, ciacuno ha preso la sua strada.

Dal 2010 al 2015 sono stata consigliera regionale, eletta nella lista regionale del PD. Non l’ho votata quella legge elettorale, ma contavo di votare invece la sua riforma, e di riuscire a far affermare scelte importanti per la presenza femminile in consiglio regionale. Come sono andate le cose, si vede in questo sito: nonostante il mio impegno, la nuova legge elettorale – frutto dell’accordo PD Forza Italia – non rappresenta le più autentiche istanza di uguaglianza del voto, sia perché restano i listini bloccati (seppure volontari) sia perché sono state imposte soglie alte, differenziate ed escludenti. Nel 2010 sono stata eletta nell’ufficio di presidenza del consiglio regionale e ho cercato di fare il mio meglio, in una istituzione per me del tutto nuova. Ho seguito alcuni progetti e iniziative del consiglio su delega del suo presidente, e ho partecipo da consigliera all’attività della Quinta Commissione, competente in materia di istruzione e cultura.

Nel 2011 sono stata nominata responsabile istruzione del PD Toscano, compito che ho assolto al di fuori degli impegni istituzionali. Questo impegno è durato fino al 2014, ed è stato un modo per dare un contributo sui temi che più mi stanno a cuore. Il 2014 è l’anno della grande trasformazione del PD di Renzi, arrivato alla segreteria con le primarie dell’8 dicembre 2013, dopo l’insuccesso elettorale del 23 febbraio. La trasformazione è stata profonda, fino a cambiare la natura del PD, spingendolo verso un approdo centrista. E’ da qui che viene, nel 2015, la mia decisione di lasciare il partito che avevo contribuito a fondare.

Una buona biografia, per quanto piccola e senza pretese come quella che qui vi racconto, deve sempre dare conto di altre cose un po’ più personali, e dunque lo faccio qui, alla fine.

Ebbene sì, per qualche anno sono tornata allo stadio, alle partite della Fiorentina, e ho rivissuto quell’aria divertita che avevo quando da piccola mio padre mi portava in Maratona. Amo i gatti, il sole e il mare. Tornerei in Portogallo (ci sono stata otto anni di seguito!) e in Francia, vorrei andare a New York. Ma intanto passo le mie ferie e qualche fine settimana a Bolgheri e a Castagneto Carducci.

Mi piace la cucina vegetariana, scelgo il biologico e a volte anche la macrobiotica. Amo il rock (degli spazi e delle occasioni costruiti negli anni passati a Firenze sono particolarmente orgogliosa), mi piacciono i graffitari (ma solo quelli che non imbrattano …), artisti di strada che colorano le nostre città e sono contenta di aver sostenuto quando ero assessore l’importanza di concedere spazi nella città alla loro fantasia.

Affogo nei libri e nelle carte di lavoro, ammetto di essere piuttosto disordinata.

Mi sono sempre piaciuti i vestiti, le giacche di ogni tipo e i colori, blu e viola tra tutti. Ho girato per anni i banchi e i negozi dell’usato, ora non più, ora tento di vestirmi più alla moda delle donne della mia età, a volte ci riesco a volte no. I capelli li porto come mi va, ascolto poco i consigli degli altri.

Ho vissuto del mio lavoro politico, che ho cercato di svolgere con professionalità e dedizione. Un tempo, quando ero ragazza, si diceva che era una scelta di vita. Così feci anch’io una scelta, giunta forse quando ero troppo giovane, prima di aver cercato una strada diversa. Non sono mai stata funzionario di partito; l’avrei voluto, ma le cose sono andate diversamente, e non rimpiango niente (forse solo la tranquillità di una pensione che un lavoro stabile mi avrebbe dato, ma da giovani non si pensa alla vecchiaia). Eppure, autonoma lo sono sempre stata, e credo di essermi meritata sempre sul campo il ruoli che ho ricoperto, senza compromessi personali.

Ora sembra che il lavoro politico sia il più grande difetto di questo mondo. Io lo considero invece una cosa onestissima, sincera, trasparente. Non devo nulla a nessuno, solo la gratitudine per gli attestati di stima che ho ricevuto dentro e fuori dal partito in cui sono stata. E se la politica finirà, credo di avere sufficienti risorse umane per dedicarmi ad altro.

Quando ho cominciato la mia esperienza politica avevo poche cose mie di particolare valore: un’auto e un piccolo appartamento che mio padre mi ha regalato, frutto dei risparmi di una vita. Questa mia condizione economica non è mai cambiata, ed oggi posseggo un’auto e lo stesso identico piccolo appartamento. In tutte le campagne elettorali a cui ho partecipato non ho mai chiesto soldi ad altri. Ho fatto tutto con le scarse risorse personali mie e della mia famiglia. Alle primarie del 2009 a sindaco di Firenze ho chiesto 20.000 euro alla mia banca (che poi ho restituito in tre anni), e quelli che ho raccolto tra i miei sostenitori sono documentati fino all’ultimo centesimo. La politica, per me, non è un affare, un modo per aprirsi la strada in altri mondi paralleli, è una cosa seria. Ed è per questo che non sarò mai favorevole a farla diventare una cosa ristretta ai più ricchi.

Sono contraria a tutti i privilegi, e penso che a chi ricopre incarichi istituzionali elettivi devono essere assicurati i mezzi – giusti, sufficienti – per svolgere il proprio mandato con sobrietà e con dignità, autonomia e indipendenza. Zero privilegi, dunque, ma tutte le prerogative – non una di meno non una di più – che il ruolo richiede per essere ben esercitato.

Non mi piacciono i rottamatori, non mi sono mai piaciuti nemmeno quando ero ragazza, comparissero o meno sotto le parole d’ordine dei qualunquisti, o estremisti o populisti di destra e di sinistra. La qualità della politica, e perfino quella della propria esistenza, non si misura sul grado di qualunquismo che sappiamo esprimere, ma su quello del cambiamento che sappiamo praticare con gli altri. Con franchezza e passione, e con rispetto.

Mi piace la politica aperta, dove tutti possono accedere ai ruoli più importanti, perché hanno qualcosa da dire e da fare. Non mi piacciono quelli che adorano parlar male degli altri, senza dar conto delle proprie debolezze.

Mi piace la cioccolata fondente, ne mangerei tanta. Ma non si può.

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