Sul documento preliminare del piano dell’istruzione (PIGI)

Intervento sul documento preliminare al Piano di indirizzo generale integrato

Consiglio regionale, seduta del 25 ottobre 2011.

Il documento preliminare sul Piano di indirizzo generale integrato 2011-2015 presentato dalla Giunta regionale è un buon documento, e io credo che debba essere incoraggiato lo sforzo che la Giunta intende fare, nella redazione finale, per proporre all’approvazione del Consiglio un atto molto utile per le politiche dell’istruzione dei prossimi anni.

Non voglio farla lunga, anche perché – come dicevo – il documento lo trovo ben fatto e condivisibile. Mi limito perciò a segnalare alcune questioni, chiedendo alla Giunta di volerne tenere conto nello sviluppo delle politiche per l’istruzione, su cui il piano ci invita a riflettere, e che potranno tradursi anche in provvedimenti legislativi.

Per brevità, concentro queste osservazioni sul primo obiettivo del piano, quello relativo alla crescita qualitativa del sistema scolastico toscano.

Questo Consiglio ha approvato recentemente due mozioni, una sull’edilizia scolastica, l’altra sul sovra affollamento delle classi. Questi due temi vanno, a mio avviso, tenuti presente, per quello che la Regione può fare. Segnalo l’argomento, peraltro già contenuto in altri documenti preliminari, perché forse sarebbe il caso di richiamarlo anche in questo. Dico forse, per via di una oggettiva incertezza che c’è nel nostro lavoro,  perché è indubbio che i nostri strumenti di programmazione debbano essere rivisti e riformati nel corso di questa legislatura. Troppe cose sono cambiate e tante cambieranno nei prossimi anni, per cui un adeguamento è necessario. Prendiamone atto, anche nel momento in cui procediamo – giustamente – alla loro approvazione secondo le regole vigenti.

Importantissime sono le conferme che vedo sulle attività e i servizi per l’infanzia, compreso – lo sottolineo – il potenziamento dell’offerta dei nidi (gestione e investimenti), e per la generalizzazione della scuola d’infanzia, che poi per noi vuol, dire non arretrare dall’impegno di assicurare a tutti i bambini la scuola dell’infanzia.

Sui servizi educativi per la prima infanzia siamo in Regione in prossimità degli obiettivi di Lisbona. Però una parte del territorio ne è privo, le liste di attesa per gli asili nido crescono e hanno ormai superato quota 7.000 bambini. Possiamo lavorare in questa direzione, sviluppando almeno servizi gestiti a livello di area intercomunale, e, insieme a ciò, puntare di più sulla riduzione delle liste d’attesa. Questi due obiettivi potrebbero costituire il nucleo dei nuovi criteri di riparto delle risorse regionali. Nel triennio passato, la Regione ha fatto scelte importanti, concentrando risorse per ben 73 milioni di euro. Ma lo Stato si è gravemente disimpegnato, e non sono più disponibili né le risorse del ministero della famiglia, né quelle del ministero delle pari opportunità.

Sappiamo quanto sia importante il discorso sulla continuità educativa (che il documento pone bene tra le azioni da sostenere). Giusto, dunque, puntare sulla generalizzazione degli istituti comprensivi. Questa operazione va fatta gradualmente, anche perché il tema del dimensionamento è oggetto di contenzioso  con lo Stato, che gli ha impresso un carattere diverso, tutto giocato su immediati risparmi di gestione avulsi dal rispetto di elementari principi di buona organizzazione. Se perciò diciamo, come fa il documento preliminare, che la Regione Toscana punta sugli istituti comprensivi “come scelta pedagogica e non solo organizzativa”, dobbiamo anche contrastare processi di unificazione dettati per altre finalità e tutti giocati nella stessa logica delle drastiche riduzioni di questi anni. Fare scuola, infatti, non può diventare una corsa ad ostacoli.

Condivido, perciò, la scelta fatta dalla Giunta regionale di impugnare le norme del decreto-legge 98/2011 sul dimensionamento scolastico, quelle che impongono la costituzione degli istituti comprensivi e l’accorpamento delle istituzioni esistenti in base al numero degli studenti (1000 o 500). Sono norme che stanno determinando situazioni paradossali e gestioni pesantemente inefficienti delle istituzioni scolastiche, di cui sono un evidente segno gli incarichi plurimi di dirigente scolastico. Ed è importante che la Giunta regionale abbia approvato indirizzi per il dimensionamento scolastico che cercano di far fronte a questa paradossale situazione.

In altri documenti preliminari la Giunta ha posto giustamente l’accento su misure che riguardano il diritto allo studio dei ragazzi disabili. L’attenzione della Giunta regionale mi pare alta. Sappiamo che oggi, nella scuola, il problema emergente riguarda gli insegnanti di sostegno, dunque non gli educatori che intervengono in relazione alle competenze degli enti locali, ma proprio gli insegnanti della scuola. La situazione è difficilissima. Le responsabilità dello Stato sono inequivocabili. Diciamo correttamente nel documento preliminare, a proposito di come si governa la programmazione dell’offerta formativa e il dimensionamento della rete scolastica, che vogliamo superare l’attuale separazione tra programmazione e gestione degli organici.

Se si apre una strada concreta per l’attuazione del Titolo V sulle competenze regionali, si può pensare anche ad un intervento straordinario della Regione – del tipo di quello che abbiamo costruito sulle scuole dell’infanzia – per agire attivamente, negoziando con lo Stato un maggiore intervento regionale sulla gestione e, in questo quadro, destinando risorse in favore del sostegno all’handicap. Allo stesso tempo – e qui torniamo invece sulle competenze degli enti locali – potremmo rafforzare il ruolo delle istituzioni locali sui servizi di trasporto ai ragazzi disabili e, più complessivamente, sulle misure per il diritto allo studio.

Il tema, come si è detto, evoca quello del ruolo della Regione sul complesso sistema dell’istruzione. Qui mi sento di dire che in questa legislatura dovremmo perseguire un obiettivo ambizioso, assumendo le funzioni che ci spettano sull’istruzione, a partire dall’ufficio regionale statale. In questa prospettiva, credo che vada fatta la scelta di dedicare al sistema di istruzione una legislazione regionale ad hoc. Io non so quanto la scelta di avere un unico atto di programmazione – dai servizi per l’infanzia alla gestione delle crisi aziendali – sia il portato di una visione unitaria del tema dell’istruzione e del lavoro, o non sia stato, invece, determinato dal carattere “minore” delle competenze regionali sull’istruzione. Questa impostazione tradizionale, però, non mi convince. E non è convincente soprattutto oggi, dopo una processo di riforma di così notevoli e contraddittorie e criticabili proporzioni. È venuto il tempo, credo, di fare un deciso passo in avanti. Non è tema di questo documento preliminare, ma è tema che sta sul tappeto.

Del resto, solo una nuova legislazione sull’istruzione può affrontare anche il tema della cd. governance, tenendo conto che l’istruzione (dal nido d’infanzia alla scuola secondaria di primo grado) è funzione fondamentale dei comuni e che da qui a poco la maggioranza dei comuni toscani la eserciterà in forma aggregata.

La Regione Toscana nel suo insieme – a livello politico e a livello tecnico – ha, secondo me, volontà, esperienza e qualità per affrontare questa nuova prospettiva, che migliori l’organizzazione pubblica e metta a profitto le cose importanti fatte finora.

Il Piano di indirizzo generale integrato che discutiamo ne è una dimostrazione. Da qui possiamo dunque partire per qualificare e sviluppare la nostra azione.

 

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