Sul Garante regionale per l’infanzia

Sul Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza

intervento in aula – Consiglio regionale – 22 dicembre 2011

Mi trovo a dovermi esprimere su un tema per me molto sentito, che riguarda la realizzazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Per me, la legislazione – anzitutto quella statale ma direi anche quella regionale – dovrebbe fare un salto di qualità, e garantire direttamente ad ogni bambina e ad ogni bambino un nucleo forte di diritti all’istruzione, al gioco, alla casa, alla salute, alla crescita individuale, da esigere verso tutto il mondo degli adulti: pubbliche amministrazioni, sistema giustizia, famiglie. Molto è stato fatto ma molto è ancora da fare, come la garanzia del diritto all’educazione 0-6 anni a partire dal riconoscimento dei nidi d’infanzia come diritto effettivo a domanda collettiva e non individuale e il diritto all’accesso generalizzato alla scuola dell’infanzia. O come il diritto dei bambini immigrati a frequentare la scuola con successo e in posizione di parità.

A partire da questo nucleo essenziale di diritti che dovrebbero (devono) formalmente essere riconosciuti va costruita ogni figura di Garante, che possa operare fattivamente per dargli realizzazione ogni qual vota i diritti siano negati o non pienamente realizzati, o ogni qual volta le politiche pubbliche (penso ad esempio a quelle per la casa) possono condizionarne l’esercizio.

Al di fuori di questa funzione, le figure di Garante dell’infanzia sono destinate a muoversi in aree grigie e scarsamente efficaci, e si traducono in realtà nell’auto assoluzione della politica: i diritti sono scarsi e di poco peso, e non sapendo cosa fare si attiva (almeno) una figura di garanzia. Questa logica non mi convince, e non mi ha convinto nemmeno quando ero assessore al comune di Firenze, perché ben sapevo che il primo vero garante dei diritti dell’infanzia è il comune, il sindaco, il servizio sociale, i servizi educativi. Più volte, in occasione dell’esame della legge regionale, ho avuto modo si spiegare – anche a nome dell’Anci – che ci si stava muovendo in modo incoerente e in parte discutibile.

Su scala nazionale, con la legge 112 del 12 luglio 2011 è stata recentemente istituita l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Appena un mese fa i presidenti di Camera e Senato hanno nominato titolare dell’Autorità Vincenzo Spadafora, presidente di Unicef Italia.

La legge statale è molto attenta a definire i compiti del Garante nazionale in coerenza con la convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori (adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996), e ne fa un soggetto indipendente da ogni funzione di governo, statale, regionale o locale. Per quanto dettata in un contesto normativo non soddisfacente sul riconoscimento dei diritti dei minori, la legge statale riconosce il ruolo che giocano gli enti territoriali.

Non altrettanto si può dire della nostra legge regionale, che sembra invece collocare più volte il Garante in un ruolo di amministrazione attiva, dunque coinvolto nelle scelte politiche. Ciò, peraltro, dotandolo di risorse appena sufficienti a far fronte alle spese di funzionamento. L’errore, certamente non intenzionale, che a mio avviso è stato commesso con la legge regionale 26 del 2010 è di non essersi misurati né con “lo stato dei diritti” dei minori (che andrebbe invece fortemente potenziato nei vari settori di azione pubblica) né con l’impegno decisivo che svolgono i comuni, proprio nel quadro di diritti scarsamente riconosciuti. Ne viene fuori una figura molto ibrida, troppo schiacciata sulle politiche, anzi sulla politica dei comuni. Questo errore va corretto rapidamente, e non può che essere fatto oggi, dopo l’istituzione del Garante nazionale.

Per questo, sarebbe ragionevole darci un breve tempo per riformare e migliorare la legge regionale coordinandola con quella dello Stato, potenziando alcune funzioni indipendenti e riducendo quelle politiche e di amministrazione attiva, per evitare che l’azione decisiva del Garante regionale diventi non a tutela dei minori (come tutti vogliamo) ma a supporto di questa o quella posizione che emerge nel dibattito politico.

Ciò consentirebbe anche di procedere ad una nomina senza l’assillo della politica (la proposta che viene fatta riguarda peraltro una personalità politica di primo piano dei governi di questi anni, che ha svolto azione politica nel merito delle questioni dell’infanzia e dell’adolescenza). Se il Consiglio ritiene che la titolarità dell’ufficio del Garante debba essere affidata ad una personalità politica e non tecnica (come invece consiglierebbe la funzione) non posso che prenderne atto. Non condivido; come – allo stesso modo – non penserei mai che a una funzione del genere possa essere chiamata una persona che, come me, sull’infanzia e sull’adolescenza ha espresso posizioni politiche nettamente definite, che la collocano politicamente all’interno del dibattito non certo in funzione neutrale. Ma le mie riserve sono soprattutto, come dicevo, sulla funzione che deve essere rivestita.

Ricordo, a titolo di confronto, che ben diversa è la natura dei compiti affidati al Difensore civico regionale o al Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Lì la linea distintiva tra funzioni di garanzia e attività amministrativa e politica è ben curata, e perfino la nomina di personalità politiche consente di evitare ogni equivoco. Qui, nella legge sul Garante dell’infanzia le cose sono molto più confuse. E questo non è un fatto positivo, prima di tutto per gli interessi delle bambine e dei bambini.

In modo semplice ed efficace, l’articolo 12 della convenzione europea indica le principali funzioni degli organismi nazionali (non a caso richiamate nelle competenze dell’Autorità statale):

a)    fare proposte per rafforzare l’apparato legislativo relativo all’esercizio dei diritti dei minori;

b)    formulare pareri sui disegni legislativi relativi all’esercizio dei diritti dei minori;

c)    fornire informazioni generali sull’esercizio dei diritti dei minori ai mass media, al pubblico e alle persone od organi che si occupano delle problematiche relative ai minori;

d)    rendersi edotti dell’opinione dei minori e fornire loro ogni informazione adeguata.

Se ci pensate, è proprio quello che ho cercato di dire fin qui: impegnarsi veramente per estendere i diritti, informare, ascoltare i bambini e le bambine.

 

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