Libere e sicure. Contro la violenza sulle donne

Per vivere libere e sicure. Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Firenze, 24 novembre 2012 – Palazzo Panciatichi

Introduzione di Daniela Lastri, Consigliera regionale

Un saluto e un grazie a tutti voi (in particolare agli studenti dei licei Machiavelli e Castelnuovo), che avete voluto essere qui a discutere di cose difficili e molto impegnative.

Difficili perché raccontare della violenza sulle donne significa parlare di cose molto dure e di entrare in un groviglio fatto di crudeltà e di incapacità di risposta sociale. Difficili perché attraversano la vita di molti di noi. In un Paese in cui 7 milioni di donne sono state oggetto di violenza almeno una volta nella vita, è praticamente impossibile parlarne senza ricordare un episodio che abbiamo vissuto o una persona che abbiamo conosciuto.

E poi sono cose impegnative, perché dobbiamo anche trovare una strada per fronteggiare e sconfiggere questa violenza, guardando a quello che è stato fatto, anche qui in Toscana, ma sapendo che moltissimo resta ancora da fare.

Io credo che abbia ragione chi dice che il femminicidio è una emergenza sociale, e ogni emergenza richiede strategie di attacco molto efficaci. È un’emergenza per le tante uccisioni di donne (ormai nel 2012 siamo a oltre 100 donne uccise), ma lo è anche per la vastità, numerosità, crudeltà degli atti violenti e delle minacce che provocano un danno fisico, sessuale, psicologico. Femminicidio lo è in ogni caso, perché questi comportamenti, anche quando non portano alla morte della vittima, sono diretti alla donna in quanto tale, alla violazione del suo diritto di vivere libera e sicura.

Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne si pone a tutte le società, a tutte le nazioni, il problema della insostenibilità della violenza di un genere sull’altro, della insostenibilità di qualsivoglia impunità sociale.

Oggi, parlandone, vogliamo contribuire a interrompere il clima di normalità di questa violenza, e ad alimentare un movimento di presa di coscienza e di concreto intervento. Coscienza e azione. Che devono vivere nel mondo della crisi economica, perché altrimenti se ci si mette il silenziatore, se non si capisce che, anche grazie a quelle che sembrano le uniche priorità, rischiamo di ritrovarci da qui a poco in una guerra perduta, che ha lasciato sul campo tante, troppe vittime.

La questione va affrontata, non può essere elusa, non può essere rinviata a quando ci saranno le risorse, a quando potremo permetterci nuovi servizi. L’azione repressiva e preventiva non deve cessare dove c’è, e deve essere messa in moto dove non c’è.

In Consiglio regionale proprio in questi giorni abbiamo approvato una mozione intitolata “Per contrastare il fenomeno del femminicidio”, e tra le altre cose abbiamo sostenuto che il sistema toscano di contrasto alla violenza di genere va rafforzato. Superando i punti di debolezza segnalati nel Quarto rapporto 2012 sulla violenza di genere in Toscana. Qui se abbiamo potuto apprezzare i progetti innovativi come il Codice Rosa e il Centro di ascolto Uomini maltrattanti, abbiamo anche visto che occorre migliore procedure, superare burocratismi, fare più formazione, cercare di far emergere il sommerso, trovare il modo per riuscire a mettere sempre in sicurezza le donne. Dobbiamo farlo, non possiamo arretrare.

Lo dobbiamo alle 5723 donne che si sono rivolte dal 2009 al 2012 ai 25 centri antiviolenza della Toscana, e alle donne che stanno, nel sommerso, dietro a questa punta di iceberg. Solo nell’ultimo anno le richieste di aiuto sono state 2033, cioè 100 in più dell’anno precedente.

Bisogna sostenere di più i centri antiviolenza, potenziando le azioni del piano socio-sanitario. Il ruolo dei centri antiviolenza è stato in questi anni determinante. I centri hanno contribuito in modo decisivo a far emergere il problema della violenza sulle donne e a sensibilizzare le istituzioni pubbliche.  12 centri e case rifugio si sono costituiti in coordinamento (si chiama TOSCA), e grazie a questa realtà – con le competenze specifiche attivate – è cresciuto il collegamento con i servizi territoriali.

Ma c’è anche un problema nazionale, dobbiamo saperlo. Leggi importanti sono state fatte (legge contro lo Stalking) , è stato adottato il Piano di azione nazionale, sono state fatte le prime rilevazioni per conoscere il fenomeno, eppure non si può tacere che il Comitato CEDAW ha raccomandato nel 2011 l’Italia, vista la drammaticità dei dati sulle uccisioni di donne dai propri partner o ex partner rivelatori di un fallimento delle azioni fin qui poste in essere, di adoperarsi per proteggere adeguatamente le donne. Qui partiamo, da pochi fatti positivi (la legge) e da molti insuccessi pratici. Perciò dobbiamo procedere rapidamente alla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa firmata a Istambul l’11 maggio 2011 (firmata dal Governo italiano il 27 settembre scorso), e ad adottare misure adeguate per invertire la tendenza. Servono risorse finanziarie, serve una mobilitazione delle risorse umane, serve più sensibilizzazione. Serve una battaglia culturale e civile, che deve mettere rapidamente solide radici.

Tutto quello che può spingere in questa direzione va sostenuto. Essenziale è il ruolo delle associazioni delle donne.

La violenza sulle donne ci riguarda tutti. Essa è, come ha voluto dire Amartya Sen, un genocidio nascosto. Non è un residuo del passato.

Se continua questa erosione della dignità delle donne, si va dritti verso la negazione della personalità e della libertà femminile.

Perciò chiediamo un salto di qualità nell’azione pubblica, e ci impegniamo a farlo per quello che sta nelle nostre forze.

Sappiamo che il fenomeno della violenza è ancora in gran parte sommerso. Il sommerso non è la periferia della società, è qualcosa che contrasta il campo alla crescita della libertà femminile, dei livelli di istruzione, della volontà di immergersi nel lavoro (Linda Sabbadini). Stride con la soggettività femminile, e le donne non possono più subirla.

Ascoltiamo, dunque, i nostri ospiti, le loro esperienze e quello che hanno fatto per raccontare la realtà. In  particolare, Riccardo Iacona, con il suo libro “Se questi sono gli uomini”, ha testimoniato la gravità di un fenomeno che costituisce una vera emergenza nazionale; Rossella Zanardo, con “Il corpo delle donne”, libro e documentario, ha scosso le coscienze di molti aprendo una discussione sull’immagine della donna. Essi possono aiutarci, oltre che a capire, ad agire. In fondo, oggi, seppure senza apporre firme, stipuliamo un patto di mutuo impegno, per continuare una battaglia che merita di essere data.

Alle ragazze e ai ragazzi che sono qui vorrei solo dire che noi proviamo a porre rimedio, noi proviamo a fare le leggi, a punire i colpevoli e a offrire alle vittime una possibilità di riscatto; ma sta a voi, alla vostra intelligenza e alla vostra capacità di cambiare, rendere queste cose effettive e perfino inutili, costruendo con impegno e altruismo una società nella quale nessuna violenza abbia più cittadinanza, nella sfera pubblica come in quella privata, e gli uomini e le donne possano vivere in libertà tutto il tempo della loro vita comune. Tutto, senza eccezioni.

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