Far rivivere l’Italia

novembre 21, 2011admin2011, I miei ARTICOLI0

Far rivivere l’Italia. Appunti dopo la caduta di Berlusconi

Il governo Berlusconi ha chiuso i battenti. Prima, però, ha pensato bene di portare l’Italia sull’orlo del baratro. Non dimentichiamolo mai. E se vogliamo tornare a sperare nel futuro, questo è il momento di darsi da fare. In gioco ci sono i destini dell’Italia, gli interessi dei cittadini e il futuro del centro sinistra.

Però, non dimentichiamo il rischio che potevamo correre se rimaneva ancora lì, anche se per poco tempo, anche solo alcuni mesi in vista di elezioni anticipate. Per questo, è stato bene che sia nato il governo Monti.

E non dimentichiamoci che Berlusconi è ancora molto forte. Non resterà con le mani in mano, preparerà le elezioni con una lunga, estenuante campagna elettorale. Pensare ad un rapido disfacimento della sua forza è una ingenuità. Berlusconi può contare su una parte importante dell’elettorato, che non lo ha abbandonato nemmeno di fronte alle più drammatiche e sconcertanti evidenze. È un elettorato che non sente ragioni, che ha vissuto della luce del capo e che si è alimentato in questi anni – per suo tramite – del rancore verso tutto ciò che è lontanamente di sinistra. Nonostante sia minoritario, questo elettorato è solo l’iceberg di orientamenti diffusi nella società italiana, che possono essere nuovamente innescati nella confusione in cui, da un momento all’altro, il Paese può precipitare. L’uscita dal proscenio di Berlusconi può perfino indurre alcuni a correre in soccorso di quanti si sentono orfani; e allora torneranno le vecchie parole d’ordine contro la sinistra. Il centro sinistra deve prepararsi al confronto elettorale, che ad un certo punto verrà, forse prima di quanto oggi si dica.

Ricordiamoci, poi, che Berlusconi si è dimesso per tanti motivi, ma quello principale, quello di fondo, è che l’opposizione al suo governo è stata in questo ultimo anno fortissima, e si è manifestata in modo decisivo con le amministrative e con i referendum. In mancanza di questa opposizione così diffusa, e così chiaramente espressa nella manifestazione del PD del 5 novembre, non ci sarebbe stata la pressione europea e internazionale che, infine, lo ha obbligato a dimettersi.

Sicuramente Berlusconi non si è dimesso a causa del dibattito interno al PD, che ci ha preso nel corso di questo autunno. Non si è dimesso per le iniziative di questo o quel singolo dirigente del PD, né per la Leopolda di Renzi e Chiamparino. E men che mai per le posizioni assunte verso il PD da Di Pietro o per l’insistenza di Vendola nel voler fare le primarie. Alcune di queste iniziative, semmai, lo hanno rafforzato nella sua intenzione di continuare, visto che consolidavano nell’opinione pubblica l’idea che l’opposizione politica era divisa, e non riusciva a identificare né il leader, la personalità intorno alla quale costruire la sfida elettorale, né un programma politico concreto. Non dimentichiamo queste cose, se non vogliamo ricominciare allegramente daccapo.

Quelli che nel PD reclamavano la necessità di essere uniti, di non disperdere le energie del PD e del centro sinistra in una estenuante guerra di posizione per la leadership – esercizio assolutamente inadeguato rispetto alla drammaticità del momento – avevano visto giusto. L’unica leadership credibile è quella del segretario del PD. A Firenze e in Toscana l’abbiamo detto presentando a tutti i livelli del partito una mozione molto chiara in tal senso. Nel PD metropolitano, a grande maggioranza, è stata votata una posizione pressoché identica nei contenuti. Insomma: è ora di smetterla con il bizantinismo politico, è ora di misurarsi con la necessità di chiudere con Berlusconi e il berlusconismo. Perché questo, checché se ne dica, resta il vero problema dell’Italia di oggi. Sono in molti, troppi, a voler stendere un pietoso velo su questi anni di potere berlusconiano, per guardare in avanti, dicono. Ma il rischio è di dimenticare e, facendo così, di dare un salvacondotto a questi anni terribili per la democrazia italiana.

Ora, per tutto il centro sinistra, l’obiettivo principale non può che essere far rivivere l’Italia, e farla rivivere nonostante il centro destra. Il governo Monti non potrà rimettere mano alla “ricostruzione” del Paese, non siamo ancora a quel “ricucire l’Italia” di cui ha parlato Zagrebelsky con il suo recente appello. Ma farla rivivere è il primo passo. Perciò, il ruolo del PD è essenziale, nel produrre idee, nel fare proposte concrete, nel convincere il governo e le forze politiche più responsabili a mettere mano a politiche fortemente improntate all’equità sociale. Il governo deve lavorare molto, il PD non deve essere da meno, in parlamento e nel Paese. Essenziale è fare in modo che si diffonda la necessità di mobilitare un nuovo senso civico, mettendo in campo quello spirito pubblico rinnovato di cui abbiamo detto nel nostro Manifesto.

Per me (ma credo per tutto il PD) questo vuol dire: far quadrare i conti con misure importanti, come la patrimoniale, che rimettano le cose socialmente al posto giusto; ridare fiato all’economia, promuovere occupazione buona e stabile; difendere i redditi dei più deboli; cambiare la legge elettorale; riformare le istituzioni; cambiare le politiche europee liberiste e di destra.

Bisognerà fare in modo che il governo Monti trovi, in mezzo a tutte le tensioni politiche che inevitabilmente verranno, soprattutto dal centro destra, un equilibrio accettabile di azioni concrete per uscire dall’emergenza. Però, noi sappiamo bene che il governo non potrà fare tutto, non potrà sciogliere tutti i nodi. Non glielo permetterà il centro destra (lo si è visto subito a proposito delle misure sulla patrimoniale). Il PD e il centro sinistra devono perciò essere pronti a prendere l’eredità del governo Monti e a proporsi come l’alternativa del prossimo futuro. Non servono gli egoismi, non serve la competizione che fin qui abbiamo visto nel PD e tra il PD, Italia dei Valori e SEL.

Serve, poi, che l’Italia trovi, già in questa emergenza economica, la forza per uscire dalla Seconda Repubblica, quella del bipolarismo selvaggio che ci ha portato in questa incredibile torsione della democrazia. È sempre più necessario approvare una nuova legge elettorale, che ci risparmi, per carità, una nuova eterna crisi istituzionale.. Davanti agli elettori ogni forza politica deve poter andare con il suo volto, le sue proposte, il suo messaggio al Paese. Il gioco dell’elezione diretta del premier non vale la candela della democrazia.

Svegliarsi la mattina sapendo che c’è qualcosa di buono da fare (il nostro lavoro, la nostra famiglia, le nostre passioni), e che gli uomini e le donne che ci governano sono in piedi prima di noi, lavorano pensando al bene comune, litigano magari ma nessuno sta lì a fare i cavoli suoi. Alzarsi sapendo che c’è ancora qualcuno, Berlusconi e la sua cricca, che briga per rovinare gli altri, ma grida ormai nel vuoto. Direi che è un buon obiettivo, e che, prima succede, prima l’Italia tornerà a vivere.

Se vogliamo che questo accada, dobbiamo metterci del nostro.

Non ce la faranno quelli che – e sono tanti – stanno sempre sulle barricate che si sono a bella posta costruiti. Sono i qualunquisti, quelli che sbagliano solo gli altri, tutti gli altri, mentre loro ci azzeccano sempre. Quelli che i politici sono tutti uguali, e poi alle elezioni votano i peggiori. Quelli che la sinistra non è più quella di una volta, e poi son contenti se vince la destra. Quelli che mai sul mio giardino, vadano in quello degli altri. I qualunquisti stanno dappertutto, e perfino un po’ dentro di noi. Loro, i qualunquisti, aspettano un altro messia, a cui affidare il proprio eterno rancore verso gli altri. Loro aspettano un altro Berlusconi, o magari Berlusconi stesso dopo il prossimo inevitabile lifting.

Tutti gli altri – e sono i più – ce la possono fare. Basta tenere il cervello in funzione. Farsi prendere dalla ragione, entrare in contatto con gli altri, riconoscere diritti e doveri che tutti abbiamo, gridare di meno e pensare di più. Non disprezzare i valori comuni, scoprire il buono anche in chi ti è lontano. Smetterla con i sogni (“Io ho un sogno” e via banalizzando), pensare alla dura realtà, sapendo che gli ideali di progresso che stanno dentro una politica devono ispirare ogni gesto dell’agire concreto per cambiare quella realtà.

Per svegliarsi la mattina e trovarsi e fare e a pensare le cose che prima dicevo, ci vuole un po’ di tempo. Lo schifo di classe dirigente, volgare, incapace e corrotta, che ha ammorbato l’Italia al seguito di Berlusconi non va via in un solo momento. Perciò, è bene cercare di convincere tutti quelli che non vogliono dimenticare (che l’Italia è sul baratro per questi anni di follia) che nessun cambiamento sarà possibile se non vince un nuovo spirito pubblico. Se non c’è in politica un nuovo patto costituzionale per rifare lo Stato e rimettere in pista una buona, onesta, pulita competizione delle idee.

Ecco perché non mi piacciono i rottamatori, come Berlusconi vivono nella divisione di qualcosa, sempre e comunque, e nemmeno chi, invece di occuparsi dei problemi del Paese, sta lì solo a fare lezioni sulla comunicazione politica. Per un attimo, li immagino a governare nella tempesta di questa crisi. E mi vengono i brividi. No, non abbiamo bisogno di dirigenti inesperti e un po’ narcisisti, anche se accattivanti. Abbiamo bisogno di gente che sa cosa vuol dire caricarsi sulle spalle una ricostruzione. Devi aver fatto la guerra, non un torneo di calcetto. Devi tirare su una società, non pulire dei tombini.

L’Italia è come distrutta dopo una guerra, perfino la tragedie delle alluvioni sembrano quelle di un altro Paese. Qui non c’è stato finora governo all’opera, non si è visto, c’è stata solo gente comune, volontari, protezione civile, amministratori locali che si sono dati da fare. Berlusconi è tornato dalle vacanze del ponte di fine ottobre trascinato a viva forza, fosse per lui sarebbe restato a riposare.

Guardare le immagini di Genova, della Lunigiana, dell’Elba e di tutti i luoghi sui quali si è abbattuta una vera e propria bomba d’acqua ti lascia di stucco. Come fa a tornare a vivere e a sperare un’Italia così? Se non ha una guida sicura, se non è capace di solidarietà nazionale. Quelli della Lega che inneggiano all’alluvione che ha spazzato i campi nomadi. La monnezza di Napoli affogata nell’acqua, quella di Roma che tra un po’ rischia di debordare come a Napoli. Si dà di stomaco in una Italia così.

Aspetto come tutti che qualcosa di buono avvenga. Sto appiccicata alla TV, a internet, per sapere cosa fa chi può fare. Intanto, continuo come tutti a fare il mio lavoro, nell’angoscia che serva a poco però. Riunioni a Bruxelles, incontri di partito, il consiglio regionale con le leggi da approvare e importanti atti da discutere. La proposta presentata dai consiglieri del PD per ridurre i consiglieri regionali e abrogare il vitalizio. Speriamo che i giorni che verranno ci porteranno un po’ di normalità. Anch’io vorrei alzarmi la mattina, un po’ prima degli altri, per fare il mio dovere e sapere che in giro anche gli altri fanno così.

Tornare a sperare si può.

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