Nessuno sia escluso. La scuola è di tutti

PD Toscana – Gruppo regionale del PD

Garantire i diritti degli alunni disabili. Esperienze e buone pratiche In Toscana

Nessuno sia escluso. La scuola è di tutti

Consiglio Regionale, Sala delle Feste – 19 gennaio 2012 – Firenze

Introduzione di Daniela Lastri

Benvenuti a questo nostro incontro e grazie fin da ora per il contributo che ci darete.

Questa iniziativa del PD e del gruppo regionale toscano prosegue l’impegno che abbiamo avviato qualche mese fa, il 17 settembre del 2011, e si inserisce in un denso programma che vogliamo realizzare in vista della conferenza programmatica.

All’incontro di settembre “La scuola, il nostro primo bene comune” avevamo preso l’impegno di dare continuità alla nostra azione politica. Oggi ci occupiamo del diritto all’istruzione degli alunni con disabilità, per innalzare la nostra attenzione collettiva di dirigenti politici, amministratori, operatori. Abbiamo bisogno, credo, di una presa di coscienza della realtà, di convincere di più noi stessi, le nostre amministrazioni, il PD che bisogna fare di più e meglio.

Abbiamo impostato questo seminario in modo da raccogliere tante voci sulle esperienze in corso, sui problemi che si incontrano per realizzare il diritto all’istruzione di tutti, e su come costruire una prospettiva nuova. Oltre l’inserimento, per l’integrazione e la piena inclusione.

Non è un’operazione scontata. Sulla disabilità e sui disturbi specifici di apprendimento l’Italia ha leggi tra le più avanzate d’Europa. Eppure è sempre sul punto di fare marcia indietro. Il pericolo si avverte oggi più di prima, visto che siamo nel pieno di una crisi finanziaria che rischia di travolgere il nostro stato sociale. C’è voluta una sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza n. 80 del 2010, per rimettere le cose in ordine e riaffermare che “il diritto del disabile all’istruzione si configura come diritto fondamentale”, e che pertanto ogni limitazione del numero di insegnanti di sostegno e l’eliminazione della possibilità di assumerli “in deroga” sono in contrasto con il quadro normativo internazionale, costituzionale e ordinario.

Del resto, sappiamo che la nostra spesa pubblica ha più un problema di qualità che di quantità. E che la scuola che vogliamo partecipa pienamente a questo discorso sulla qualità, rappresentando un potente fattore di sviluppo civile, sociale ed economico.

Dietro ogni alunno che si perde, dietro ogni fallimento dell’integrazione, si annidano costi sociali elevati, che siamo destinati a pagare in termini di benessere, salute, civiltà, sistema di diritti e di opportunità. Per tutti.

Per questo, come dicevo, insisteremo nei prossimi mesi a parlare di scuola, e soprattutto di lotta alla dispersione scolastica, di edilizia, di accoglienza e integrazione degli alunni stranieri, di servizi educativi per i bambini da 0 a 6 anni. Per poi concludere questo percorso con una occasione di discussione generale sulla scuola del futuro.

Continuo a pensare, infatti, che la Regione Toscana debba dotarsi di una nuova e più compiuta legislazione sull’istruzione, cogliendo tutte le opportunità che offre il nuovo quadro politico nazionale.

Non voglio occupare troppo tempo, anche perché – come dicevo all’inizio – questo nostro seminario è dedicato a dar spazio agli interventi dei nostri ospiti. Mi limito a qualche considerazione.

La prima è che dall’incontro di settembre ad oggi lo scenario politico è completamente mutato.

Abbiamo un nuovo Governo, abbiamo nuove sensibilità, ed è fondamentale che, così come si interviene su molti settori della vita del Paese, vi sia una chiara svolta anche in quello dell’istruzione.

Noto che sta maturando una presa di coscienza generale, e considero non casuale che nelle ultime settimane sulla stampa nazionale si siano moltiplicate le riflessioni sul ruolo che l’istruzione deve giocare, e soprattutto sul fatto – per noi assolutamente chiaro – che l’istruzione è un investimento. Anzi, è l’investimento per eccellenza. Se dopo Salva Italia si vuole fare Cresci Italia, allora non vi è dubbio che l’istruzione e la scuola devono assumere un ruolo centrale nelle politiche nazionali.

Se vi ricordate, nello scorso convegno avevamo dato quattro priorità, e la prima era “ridare la libertà al Ministro Gelmini”. Ebbene, la Gelmini è finalmente liberata di ogni incombenza, e non è poco.

Gli effetti negativi delle sue politiche sono purtroppo ancora presenti, e non sarà facile liberarcene. Lo vediamo proprio sul tema dell’incontro di oggi. Le famiglie, le istituzioni scolastiche, gli enti locali lo avevano ripetutamente denunciato: la diminuzione delle ore assegnate al sostegno degli alunni disabili colpisce diritti fin qui garantiti dalle leggi del nostro Paese, il modello italiano rischia di perdere qualità.

La Toscana non fa eccezione. Aumentano gli alunni disabili, passati in un solo anno da 9.915 agli attuali 10.202. L’organico “di fatto” dedicato al sostegno è rimasto invariato, e solo grazie ad un importante coordinato intervento della Regione e dell’Ufficio scolastico regionale si è attivata un’azione di sistema per far fronte alla nuova realtà delle cose. Un maggior numero di alunni disabili toscani, così, potrà ricevere le risposte che chiede.

Sarà la Vicepresidente Stella Targetti a entrare nel merito di questo provvedimento, e delle prospettive di lavoro futuro che esso è in grado di aprire.

Gli altri interventi daranno conto di quali risposte i territori sono riusciti a offrire, dei problemi affrontati, delle difficoltà ma anche dei successi ottenuti. E facciamo bene a tener conto di una domanda sociale che si fa sempre più forte e qualificata, e che si esprime non solo nei ricorsi delle famiglie ma anche in tante prese di posizione di associazioni e gruppi di cittadini, cui spesso si affianca l’adesione di organizzazioni del Partito Democratico. Il grido di allarme va ascoltato.

Elaborazioni, contributi, proposte innovative vengono anche da studiosi, fondazioni, Onlus che operano nel settore, dai quali viene una spinta a non perdere la qualità delle esperienze condotte, anzi a rafforzarle e a migliorarle, superando gli aspetti che si sono rivelati nel tempo più critici, come:

-       un certo approccio prevalentemente medico (per quanto comunque decisivo);

-       l’eccessiva mobilità degli insegnanti di sostegno;

-       il numero eccessivo di scuole prive di insegnate con specializzazione per il sostegno;

-       l’insufficiente coinvolgimento degli insegnanti curricolari;

-       la situazione di isolamento in cui vengono a trovarsi ancora troppe famiglie con ragazzi disabili;

-       il numero troppo elevato di casi di abbandono della scuola (famiglie svantaggiate, famiglie che la scuola non riesce a mettere a loro agio, famiglie straniere, famiglie sfiduciate, disabilità molto grave)

Eppure, la Toscana ha un patrimonio di buone pratiche che dobbiamo mettere a frutto, che dobbiamo saper generalizzare, superando incertezze che pur ci sono. Non dobbiamo temere di investire nella tutela sociale degli alunni disabili. E dove possiamo migliorare nel lavoro coordinato delle amministrazioni coinvolte, le USL, i comuni, le scuole, dobbiamo osare.

A me preme oggi sottolineare come, anche in questo caso, (ricordo quanto fatto anche per le sezioni della scuola dell’infanzia) la Regione Toscana interviene su materie non direttamente sue, al limite delle competenze dello Stato o addirittura attualmente di esclusiva competenza statale, con risorse proprie e con idee proprie. Ecco, questo di avere idee proprie, che riescono a radicarsi nell’amministrazione regionale, a diventare modo normale di operare, è il segreto per sviluppare una nuova dimensione dell’impegno regionale. Più sentiamo le cose della scuola come nostre (anche nostre, anche nella nostra responsabilità), più riusciamo ad operare bene. Sentirle nostre non vuol dire cavare le castagne dal fuoco allo Stato, che resta il primo soggetto responsabile del buon funzionamento delle scuole, almeno fin quando la Regione non assumerà in pieno i compiti che la Costituzione le affida. Vuol dire sentirsi parte di un grande problema sociale. Perciò, penso che abbiamo fatto bene a scegliere di intervenire sul problema degli alunni disabili, per la rilevanza della questione in sé e per sperimentare le nostre capacità.

Testimonia questa volontà anche il fatto che, in sede di approvazione della legge di bilancio, il Consiglio regionale all’unanimità ha voluto dare un ulteriore importante segnale, impegnando la Giunta a prevedere, in sede di predisposizione della prima variazione di bilancio 2012, un milione di euro aggiuntivi da trasferire agli enti locali per sostenere e rafforzare il servizio di trasporto degli alunni disabili. Noi abbiamo chiesto che non sia un intervento episodico, ma che rientri nella previsioni di spesa anche per il 2013 e 2014. Diventi cioè una spesa strutturale e non una tantum.

Copriamo così, con i due interventi descritti, entrambi i fronti del problema degli alunni disabili: l’intervento attivo sulle scuole e quello sui servizi sociali locali.

Ci avviciniamo così concretamente, seppure ancora a piccoli passi e con una impronta sperimentale, al disegno più complessivo di dare attuazione al Titolo V della Costituzione e, quindi, a proseguire nel processo di regionalizzazione dell’istruzione. Su questo punto il  Governo sarà messo alla prova. Come PD toscano insistiamo su questo aspetto perché siamo consapevoli che l’azione regionale – alla lunga – non può reggere con risorse finanziarie che “soccorrono” il sistema locale e le scuole: soccorrere le scuole è impresa lodevole e meritevole di plauso pubblico e di alta considerazione politica, ma poi, per essere veramente efficace, non può che svilupparsi con un essenziale contributo a sciogliere i problemi organizzativi della scuola, e dunque a dare certezze al sistema dell’istruzione pubblica.

Assumere questa visione, questa prospettiva di medio periodo, ci permette di entrare con ancora più autorevolezza nel merito dei temi, anche se su terreni difficili e complessi come quello che oggi poniamo alla nostra attenzione.

Siamo consapevoli che non possiamo affrontare questo tema da soli. Per questo abbiamo chiesto un contributo di idee e di esperienze a voi, amministratori locali, dirigenti e insegnati, operatori del volontariato.

Le difficoltà che si sono riscontrate quest’anno a proposito dell’inserimento degli alunni disabili e che hanno portato ai provvedimenti regionali di cui abbiamo accennato, saltano ancor più alla nostra attenzione se si pensa che i principi ispiratori della legislazione italiana – sicuramente all’avanguardia nel panorama internazionale come dicevamo poc’anzi – sono quelli della socializzazione, della partecipazione, del riconoscimento sociale, dell’arricchimento relazionale, umano e cognitivo per tutti gli alunni, della collaborazione con la famiglia dell’alunno con disabilità, del rispetto delle differenze, dello sviluppo professionale delle figure che operano nella scuola e del miglioramento dei processi organizzativi.

Se un contributo può arrivare da questo nostro seminario è cercare di capire se la pratica è stata coerente con questi principi, se le finalità sono state raggiunte.

Soprattutto a me sembra che uno dei punti fondamentali da affrontare è quello della necessità da parte delle istituzioni di una presa in carico complessiva e integrata dei giovani con disabilità in grado di tenere insieme sia il cd “tempo scuola” che il “tempo di vita”.

È in questa prospettiva che vogliamo lavorare per una scuola sempre più inclusiva, che cioè sappia rispondere ai crescenti Bisogni Educativi Speciali (BES) che attengono alla disabilità e alle difficoltà di apprendimento.

Sappiamo che una presa in carico complessiva e integrata dei giovani con disabilità, che tenga insieme sia il cd “tempo scuola” che il “tempo di vita”, e una scuola ancora più inclusiva che risponda a bisogni educativi emergenti impone nuove prassi relazionali tra Regione, Ufficio scolastico regionale, enti locali, USL, terzo settore.

Forse, e lo pongo come riflessione al dibattito, le azioni di sistema che sono state richiamate anche nel Protocollo d’intesa tra la Regione e l’USR, potranno nel prossimo futuro essere ancora più incisive se troveranno riconoscimento formale in un nuovo patto concertativo tra Regione e i soggetti interessati. Se perciò si andrà, come prevede il protocollo, a ridefinire le cd. Linee di indirizzo per l’integrazione scolastica dei soggetti disabili elaborate nel 2009, è bene che queste siano condivise e perciò dotate di una più forte capacità di produrre concrete innovazioni.

D’altra parte momento più propizio per la definizione di una nuova prassi comune non potrebbe esserci. L’attuazione del Titolo V da un lato, i nuovi provvedimenti regionali in tema di autonomie, gli annunci del Governo Monti sul riordino istituzionale aprono opportunità che vanno colte.

Ci confrontiamo con un impegno che non riserva soste. La spinta verso l’affermazione piena del diritto all’istruzione dice che la curva che descrive l’incidenza degli alunni disabili nel sistema scolastico italiano è in continua crescita. Gli alunni interessati sono complessivamente il 2,24% della popolazione scolastica (ci avviciniamo ai 200.000 alunni in Italia), con punte più elevate nella scuola primaria e secondaria di primo grado.

Il nostro successo di amministratori, insegnanti, operatori della scuola si misura anche nel successo scolastico, nel benessere e nella vita attiva di questi ragazzi. Che è poi, in parole povere, lo slogan e il programma politico di questo incontro. La scuola è di tutti. Nessuno sia escluso.

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